sabato 26 marzo 2016

Lo "Stato imprenditore": storia della normalizzazione dell'Italia ad opera del Capitalismo Made in USA


"Forse l'abbattimento dell'aereo di Mattei è stato il primo gesto terroristico del nostro Paese". Queste furono le parole di Amintore Fanfani qualche tempo dopo il superamento della crisi missilistica cubana e la morte di Enrico Mattei.
Qualche giorno prima della morte di Mattei, i servizi segreti americani erano riusciti a scoprire e fotografare delle rampe per il lancio di missili che i sovietici stavano installando sull'isola di Cuba. Inoltre, nei rapporti dei servizi segreti d'oltre oceano, qualche giorno prima della scoperta delle rampe, si possono trovare delle tracce sui possibili scenari che avrebbero indotto l'Italia ad abbandonare la NATO in caso di guerra e, su pressione politica dello stesso Enrico Mattei, a collocarsi in una posizione di neutralità nei confronti di USA e URSS. Tale posizione di neutralità non sarà mai assunta dal Bel Paese, in quanto a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, gli italiani furono considerati come vinti ed in quanto tali sottomessi alla volontà dei vincitori (vedi Trattato di pace 1947 e Basi militari Usa e Nato in italia ).
Bruno Amoroso e Nico Perrone, autori del libro "Capitalismo predatore, ed. Castelvecchi", mettono in evidenza l'importanza che ebbero le figure di Enrico Mattei ed Adriano Olivetti, in quanto entrambi diedero un contributo notevole alla rinascita italiana dopo i disastri della guerra.
Mattei, insidiava il monopolio delle "Sette sorelle" sul petrolio: a guerra terminata, il 28 aprile 1945, su sollecitazione degli USA, l'imprenditore italiano fu nominato commissario straordinario dell'AGIP (Azienda Generale Italia Petroli, fondata nel 1926) dal governo italiano, con lo scopo di liquidare l'azienda, la cui presenza dava fastidio al mercato petrolifero americano.
Con l'appoggio determinante del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, Mattei decise di disobbedire e di intraprendere una nuova strada verso la creazione di una nuova macchina industriale (ENI), la quale avrebbe dovuto garantire la modernizzazione e la collocazione dell'Italia nei prestigiosi palcoscenici europei ed internazionali. L' ENI, rappresentò non solo un chiaro segnale di sovranità energetica ma anche uno strumento attraverso il quale poter collocare, in modo indipendente, gli interessi nazionali in chiave di politica estera e geopolitica.
Adriano Olivetti, invece, proponeva contemporaneamente sia un nuovo modello sociale, sia un nuovo metodo per fare impresa: "socializzare senza statalizzare" fu il motto con il quale l'azienda di Ivrea si prestava a diventare la protagonista nelle ricerche sui calcolatori.
Entrambi imprenditori sono, inoltre,  accomunati da un tragico destino, ancora oggi ricco di misteri e retroscena: tipici della storia d'Italia, infatti, sono i casi in cui chi cerca di fare il bene della comunità, finisce sempre con il "perdere le penne" a causa di "lor signori".
Tuttavia, con grande onestà intellettuale gli autori mettono in evidenza un fattore decisamente importante che molti, per non cadere in facili strumentalizzazioni, decidono inconsapevolmente (o consapevolmente) di omettere. Per valutare i fenomeni economici e sociali del cosiddetto "boom economico", bisognerebbe tenere presente che un forte impulso all'economia pubblica fu dato durante il regime fascista. Una volta consolidatosi il concetto di "Stato imprenditore", grazie alla nascita dell'IRI nel 1933, l'Italia ebbe il pieno controllo su tutti settori strategici della nazione: furono salvate le grandi industrie e le banche che erano sull'orlo del fallimento. In quest'ultimo caso, gli autori ricordano la drastica divisione che si ebbe nel campo del credito fra banche di raccolta e istituzioni di carattere speculativo e finanziario, grazie alla legge bancaria del 1936, la quale di fatto sanciva la nazionalizzazione della Banca d'Italia. Insomma, il patrimonio pubblico italiano degli anni del boom, faceva gola a molti e, molte furono le pressioni da parte dei neoliberisti affinché tale patrimonio fosse smantellato. Dal 1991 al 2001, si affermò, contemporaneamente al Pool di Mani Pulite, il fenomeno delle privatizzazioni. Questa strana "coincidenza" temporale comportò sostanzialmente la svendita di tutte le grandi aziende di stato (ENI e IRI) e la conseguente riduzione del ruolo dell'Italia nel contesto internazionale. 
Il Capitalismo Made in USA, causò il declino italiano e di fatto consolidò l'affermazione di un nuovo concetto: lo "Stato predatore" .




Francesco Marrara