mercoledì 26 dicembre 2012

COSA E’ IL KALI’ YUGA

Siamo sicuri che questo kalì yuga non prosegua così fino alla fine dei tempi?
Facciamo una premessa: cosa intendiamo per Kalì Yuga? A mio avviso deve intendersi un “distacco” totale (o pressapoco) di ogni condizione spirituale realizzabile sulla terra. Mi spiego: il cosmo così come noi lo conosciamo e possiamo osservarlo e studiarlo è, in realtà, una similitudine di una dimensione trascendente, diciamo divina, con la quale è in sintonia. L’uomo, al centro del nostro universo, l’unico essere avente in sè quella “scintilla divina”, ha la sorprendente facoltà di poter entrare in “contatto” con questa realtà trascendente, da qui le iniziazioni, le tante discipline esoteriche, i riti, in un certo senso lo stesso Yoga che considera nell’individuo anche alcune “sottili” realtà che la scienza profana non può o non sà vedere. Da qui i miti, le vie verso l’immortalità, l’ascetismo, ecc. ecc.
Insomma, mi sono espresso male, non avendo io conoscenze approfondite in questo campo, ma credo che Joe mi capisca benissimo.

Ora si da il caso che la “legge dei cicli cosmici”, che ritroviamo non a caso in tutte le tradizioni ancestrali, afferma che l’uomo va incontro alla “caduta”, caduta che un pò tutte le religioni descrivono con i miti e la loro fantasia propria alla storia e alla cultura a cui si riferiscono. Detto in altre parole, è come se il nostro Cosmo, regolato da leggi fisiche e biologiche, perde sempre più quei sottili fili che lo allacciano alla realtà spirituale che lo trascende e di cui è una “manifestazione”.
Questa caduta, per chi legge il Tolkien, nel “Signore degli anelli” la si percepisce benissimo quando nei primi due libri viene descritta la realtà e la vita delle varie creature che abitano la “terra di mezzo” (nome scelto non a caso), dove gli esseri che vi vivono e tutta la natura è pervasa e accompagnata anche da un “qualcosa” di magico. Dopo la distruzione dell’anello, invece, come nel racconto, nel terzo volume “Il ritorno del Re”), vediamo che il Tolkien descrive al realtà e la vita in una terra profondamente cambiata, hanno vinto le forze del bene, ma ogni “realtà magica” è scomparsa, dove gli esseri spiritualmente prima presenti (gli Elfi), si sono ritirati e la “terra di mezzo”, oramai non più “terra di mezzo”, è totalmente “umanizzata” e quindi regolata unicamente dalle condizioni e leggi fisiche e biologiche.
Ecco, questo è il Kalì Yuga, l’uomo che ha perso ogni contatto con una realtà trascendente. Ovviamente le conseguenze, anche sul piano “umano”, non possono che essere devastanti, perchè la natura umana, così sganciata da ogni rapporto con il divino, da ogni aggancio spirituale, non può che discendere sempre più negli “inferi”, ovvero manifestare in pieno le sue attitudini bestiali, materiali e quant’altro.

Fatta questa premessa, un pò confusa, scusatemi, è indubbio che oggi, anzi non da oggi, ma da almeno un tremila anni, ci troviamo in questa situazione, ovvero in pieno Kalì Yuga, dove ultimamente anche le religioni “partecipative” hanno perduto la loro minimale facoltà di far, almeno “partecipare”, attraverso i loro precetti e i loro riti, gli uomini ad una condizione di vita che trascenda gli aspetti materiali. Dove da una vita “religiosamente intesa” (non mi riferisco a nessuna religione in particolare), si passa a 24 ore di vita spese unicamente al soddisfacimento delle proprie pulsioni e necessità fisiche (ateismo manifesto, materialità della vita).
Dove non ci sono più “maestri”, ergo non ci sono più Iniziazioni, e la sapienza antica per potersi perpetuare (perchè altrimenti non sarebbe percepita) ha dovuto essere razionalizzata e intellettualizzata con tutti i rischi che ciò comporta. Compresi quelli che certe “discipline”, sono ridotte a mero fatto fisico sportivo e altre sono finite nella più insulsa e ridicola superstizione o peggio.
Insomma, nel Kalì Yuga, l’uomo è lasciato a se stesso e alle leggi che lo regolano e presiedono. Nulla di strano che, la sua natura, così abbrutita, possa portarlo ad autodistruggersi, lui e l’ambiente in cui vive.

DURATE DELLE ERE
Ora, come già accennai, se cerchiamo di quantificare e di individuare inizio e fine di ogni “era”, “età dell’oro”, Kalì yuga, ecc. ci troviamo di fronte a problemi insormontabili, pechè noi siamo propensi a riferirci al tempo lineare, descrivendone la storia di Gea e degli uomini, mentre il tutto invece risponde al “tempo ciclico”, e tra tempo lineare e tempo ciclico, non si sà quale sia la corrispondenza.
Nei miti antichi, riflesso di un sapere o comunque di un archetipo cosmico, una delle più ricorrenti rappresentazioni della “caduta” viene indicata e quantificata in questo modo:
Partiamo intanto che tutta la “Manifestazione” è indicata come un “Kalpa”, ovvero un ciclo completo della manifestazione.
Questo Kalpa è a sua volta composto, da 14 “Manvantara”, tra loro conchiusi come le palline di un rosario.
A sua volta, ogni Manvatara si sviluppa in 4 “Ere”, ovvero: età dell’Oro (krita Yuga), dell’Argento (Treta Yuga), del bronzo (Dvpara Yuga) e del ferro (Kalì Yuga), che ne rappresentano la “caduta” dell’uomo dalla dimensione divina originaria.
Al termine dell’età del ferro o Kalì yuga, si ha l’inversione del Ciclo, e si ricomincia con una restaurazione dell’età dell’Oro. L’inversione dovrebbe sempre essere traumatica, catastrofica e la nuova umanità perde totalmente, tranne che nei miti, il ricordo degli “stati” e della storia precedente.

Detto questo, descritta la Manifestazione con il suo Kalpa, i 14 Manvantare che compongono un Kalpa, le 4 Età che compongono ogni singolo Manvantara, possiamo anche dire che molte tradizioni indicano che noi dovremmo essere alla fine del settimo Manvantara.
Molti si sono datti alla quantificazione di queste Ere, se non addirittura di tutto il ciclo cosmico (Kalpa), ma come detto è questo un conto che lascia il tempo che trova perchè siamo alle prese con due diverse percezioni del Tempo.
In ogni caso una delle “quantificazioni” più razionali è quella che considera un Kalpa con una durata totale di 910 mila anni. 
La durata di ogni singolo Manvatara (in tutto 14) è invece di 64.800 anni (essendo noi oggi alla fine del settimo Manvantara, ne consegue che questo ciclo cosmico, il Kalpà, sarebbe iniziato 453 mila anni addietro).
Ora questi 68.400 anni che compongono un Manvatara si distribuiscono poi nelle loro 4 Ere, con questa proporzione: 4 + 3 + 2 +1.
Vale a dire che l’Età dell’Oro durerebbe 25.920 anni; quella dell’Argento 19.440 anni; quella del bronzo 12.960 anni; ed infine il Kalì yuga 6.480 anni.
Ne consegue che questo Kalì Yuga sarebbe iniziato nel 4.450 A.C. e dovrebbe terminare nel 2030 dopo Cristo (praticamente ci siamo quasi).

Ora, esposto tutto ciò e che comunque altre tradizioni riportano in modi difformi, ma tutto sommato similari, io sono un pò scettico in questo determinismo, in queste quantificazioni in tempo lineare, di una realtà trascendente soggetta al tempo ciclico ed inoltre sono anche scettico nella interpretazione razionale di quelle che sono certe discipline esoteriche il cui “sapere” potrebbe riferirsi a qualcosa di diverso.

MAURIZIO BAROZZI