UNA PROPOSTA CONCRETA PER RISOLVERE LA CRISI FINANZIARIA DELL’EURO.
“LETTERA APERTA A TUTTI I CITTADINI DELL’EUROZONA”
Roma, 11/11/2011
Cari concittadini Europei, vogliamo spiegare con questa lettera il funzionamento dell’attuale sistema monetario ed i problemi ad esso legati.
L'emissione monetaria, attualmente, è esercitata dalla Banca Centrale Europea (di seguito denominata BCE), un soggetto giuridico privato. La BCE è controllata dalle singole banche centrali, sia dei paesi aderenti all'Euro che di quelli non appartenenti all’eurozona. A loro volta, le singole banche centrali di ogni Paese, possono essere controllate da operatori del settore bancario (nel caso italiano la Banca d'Italia lo è per il 95%) oppure direttamente dallo Stato (come la Bundesbank in Germania).
A seguito dell'entrata in vigore dell'Euro, il primo elemento che emerge è il fatto che gli Stati Europei non esercitano più la sovranità monetaria, ossia l'emissione della carta moneta. Gli stati membri possono “coniare” solo le monete metalliche.
Il secondo elemento che vogliamo evidenziare riguarda le modalità operative attuate dalla BCE, in qualità di gestore della “moneta europea”:
- 1. La BCE stampa la carta moneta e presta il denaro al canale bancario (esclusivamente ad operatori accreditati). Per tale attività chiede ed ottiene in cambio delle garanzie (obbligazioni in pegno); questo è a tutti gli effetti un prestito, per il quale pretende un interesse a scadenza.
- 2. La BCE può inoltre acquistare sui mercati finanziari sempre e solo obbligazioni o titoli di stato. La BCE in sostanza compra i titoli di Stato/obbligazioni, con il denaro stampato. Il “venditore” è ovviamente un operatore finanziario che opera nel mercato.
Insomma la BCE si rivolge esclusivamente alle banche o agli operatori finanziari e MAI ai singoli Stati aderenti all'Euro (per Statuto della BCE). Ogni nazione è costretta quindi ad acquistare il denaro non direttamente dalla BCE ma rivolgendosi ad operatori finanziari, emettendo titoli di debito pubblico, attraverso “aste di emissione” che fissano, di volta in volta, il tasso d’interesse da pagare. Gli interessi che ciascuno Stato deve pagare, per acquistare il denaro, sono ovviamente superiori a quelli praticati dalla BCE, perché l'operazione ha come controparti solo operatori finanziari privati.
Altro elemento da considerare è “l’effetto moltiplicatore” che le attività bancarie producono sulla moneta circolante. Infatti l'attività principale delle banche consiste nel prestare quasi l’intera liquidità presente nelle proprie tesorerie, poiché queste non ritengono necessario averla interamente disponibile (riserva frazionaria). Il denaro prestato quindi ritorna in deposito presso le banche e viene nuovamente prestato, da qui l'effetto moltiplicativo sulla liquidità in giacenza. In Italia l'attività bancaria moltiplica la liquidità (il denaro) in giacenza nei c/c, di circa 10 volte. Negli altri paesi aderenti all'euro il moltiplicatore è decisamente superiore a quello Italiano !!
Pertanto in Italia, a fronte di circa 120 Miliardi (di seguito denominati Mld) di € in banconote (dato Banca D'Italia anno 2010), ci sono depositi liquidi e attività immediatamente liquidabili per circa 10 volte tanto !!
Ed ora arriviamo al PROBLEMA di questo sistema, che lo rende praticamente instabile e destinato al collasso !!!
A fronte di questi depositi bancari ci sono altrettanti soggetti che hanno contratto debiti per il 90% delle somme depositate liquidabili; per tali debiti non esistono nel sistema i soldi per pagare gli interessi.
Quindi, a fronte di 1.200 Mld di € di depositi in liquidità presso le banche, esistono banconote per soli 120 Mld. di €, mentre vi sono prestiti che fruttano interessi per quasi 1.100 Mld. di € !!!
Questo sistema di emissione e di gestione della moneta presenta 2 gravi problemi:
1) nel sistema non ci sono i soldi per pagare gli interessi, e pertanto il sistema è ad altissimo rischio, in quanto spinge un’alta percentuale di debitori al fallimento;
2) i depositi non sono liquidabili immediatamente, perché non c’è la carta moneta a copertura dei depositi. Nel caso di una “corsa generalizzata” agli sportelli bancari - per ritirare ciascuno il proprio denaro - si verificherebbe, come conseguenza, il fallimento dell'intero sistema bancario.
In conclusione la “nostra” moneta è emessa a debito e le banche moltiplicano tale attività sfruttando il meccanismo della riserva frazionaria, cioè prestano quasi tutta la liquidità in loro possesso, per cui i debiti continuano a crescere a dismisura. I debiti crescono fino a che le uniche attività redditizie restano solo quelle finanziarie, semplicemente perché è più facile fare denaro dal denaro piuttosto che impiegarlo in “attività di rischio” come fanno le imprese che producono beni e servizi. Conclusione: il debito richiede sempre più, denaro e beni tangibili, l'economia reale, per mancanza di investimenti, non è più in grado di sostenere il peso del debito e, al termine di questo processo di trasferimento di capitali dalla produzione alla finanza, si arriva inevitabilmente al crollo del sistema bancario.
Che cosa accade allo Stato che rinuncia alla sovranità monetaria?
L'Italia ha rinunciato spontaneamente alla propria sovranità monetaria tra il 1981 e il 1982, trasferendo la gestione dell'emissione monetaria nelle mani della Banca D'Italia, senza vincoli da parte del Ministero del Tesoro; inoltre, sia la Banca D'Italia che le banche commerciali, all’epoca di proprietà statali, non furono più costrette per legge a comprare i titoli di stato invenduti alle aste di emissione. Risultato ? Lo Stato Italiano dal 1982 non emette più banconote, ma è costretto a prenderle in prestito, e gli interessi sono più alti a causa della modifica della normativa delle aste di emissione.
Facciamo ora il conto di quanto ciò abbia inciso sul bilancio italiano (calcolo degli interessi tra il 1980 e il 1993). Va sottolineato in aggiunta a quanto sopra esposto che, a causa di un comportamento completamente irresponsabile della classe politica dell'epoca, il bilancio Statale in quegli stessi anni fu tenuto in perenne deficit (in rapporto al PIL) in misura oscillante tra il 10% e il 12%, senza alcun controllo effettivo sulla spesa pubblica.
Questo meccanismo ha avuto come conseguenza che gli interessi reali, ovvero quelli calcolati al netto dell'inflazione, abbiano raddoppiato il debito pubblico nel giro di poco più di 10 anni, come si evidenzia nei dati riportati nella tabella
seguente:
Debito_Pubb._TUS______Costo________Anno___Tasso_reale____Spesa_reale
______________________debito_____________al_netto_infl.__interessi_annua
114066_______16,5_____18.820,89_____1980____-4,50%___________-5.132,97
142427,1_____19_______27.061,15_____1981_____0,30%____________427,28
181567,8_____18_______32.682,2______1982_____1,00%___________1.815,68
232385,5_____17_______39.505,54_____1983_____0,60%___________1.394,31
286744,4_____16,5_____47.312,83_____1984_____4,00%__________11.469,78
347592,6_____15_______52.138,89_____1985_____6,00%__________20.855,56
404335,9_____12_______48.520,31_____1986_____7,00%__________28.303,51
463083,4_____12_______55.570,01_____1987_____7,00%__________32.415,84
524528,4_____12,5_____65.566,05_____1988_____7,00%__________36.716,99
591618,7_____13,5_____79.868,52_____1989_____7,00%__________41.413,31
667847,7_____12,5_____83.480,96_____1990_____7,00%__________46.749,34
755010,9_____12_______90.601,31_____1991_____6,00%__________45.300,65
849920,5_____12______101.990,46_____1992_____6,00%__________50.995,23
959713,5_____8________76.777,08_____1993_____8,00%__________76.777,08
____________________819.896,20____________________________389.501,59
(*) Dati ufficiali Banca D’Italia
N.B.: I dati sul debito e del corrispettivo degli interessi sono espressi in milioni di €.
Costo complessivo degli interessi: 819.896,2
(valore nominale)
Costo interessi: 389.501,59 (valore reale al netto dell'inflazione)
Dalla tabella si osserva che per effetto della somma degli interessi reali del periodo, oltre il 40% circa del debito statale del 1993 è dovuto a questi interessi; ciò ha determinato un trasferimento di ricchezza reale, dal lavoro dei cittadini al reddito parassitario del denaro, da chi ha pagato le tasse a chi ha investito in titoli di stato !!!
E’ importante ricordare che il rapporto debito/Pil per l'Italia è passato da circa il 60% del 1982 a quasi il 120% del 1994.
Questo eccessivo aumento del debito pubblico sarebbe stato evitato con opportune politiche di pareggio di bilancio, il cui “costo sociale” avrebbe significato l’inevitabile taglio della spesa pubblica o l’aumento dell’imposizione fiscale, vista la necessità di dover far fronte all’oneroso costo degli interessi reali sul debito. Purtroppo tutto ciò non è stato fatto !!!
Pertanto la crescita del debito pubblico è stata causata in gran parte dal pagamento degli interessi per l'utilizzo della propria moneta, a seguito della rinuncia all'emissione monetaria da parte dello Stato. Facciamo notare che tale rinuncia avvenne all'epoca, perché negli anni precedenti al 1981 il tasso reale degli interessi era sistematicamente negativo (inflazione maggiore del tasso di interesse) ed oscillante tra il 4%-5%.
La cosa provocò una forte svalutazione della moneta nel giro di pochi anni, e le perdite reali sui risparmi accumulati non erano più socialmente accettabili.
Il vero grosso PROBLEMA dello Stato italiano non è quindi la corruzione, l'evasione fiscale, il costo della politica o “il costo della casta”, ma il costo degli interessi sul debito, che per il 2011 è di circa 85 Mld di € (contro i 95 Mld di € di spesa annua per le pensioni!!!), e le previsioni per i prossimi anni dicono che continuerà a crescere !!!
Questa situazione è da tempo comune a tutti i cittadini dell'Eurozona; la sola differenza tra l’Italia e gli altri stati membri, è che l’Italia è senza sovranità monetaria già dal 1982, mentre gli altri lo sono solamente dal 2002.
Fra poco le altre nazioni dell’Eurozona (purtroppo per Voi) sperimenteranno quello che l’Italia ha sopportato negli ultimi 20 anni.
Per questo chiediamo con forza a tutti, di aderire all'iniziativa del gruppo "Un programma per l’Italia", sottoscrivendo la richiesta a modificare i trattati europei (in particolare quello di Maastricht) al fine di rendere il sistema monetario più equo per chi lo ha adottato e più stabile di quello attuale, nel quale di fatto non esistono i soldi per pagare gli interessi.
E’ in pratica un vortice dal quale è impossibile uscire se non si cambiano le “regole del gioco”. Per scongiurare il fallimento del sistema proponiamo una semplice modifica al trattato di Maastricht (articolo 104-C che regola i deficit eccessivi), lasciando inalterati i vincoli ai bilanci statali.
Il provvedimento relativo alla nostra proposta prevede di:
“Consentire l’emissione monetaria diretta da parte di ciascun stato aderente all'Euro a fronte di investimenti in infrastrutture, per un ammontare massimo pari al 3% del Pil, in modo da non generare una consistente inflazione monetaria. Rimarrebbe inalterato il vincolo al deficit di bilancio previsto dal trattato di Maastricht, e ciò comporterebbe il pareggio di bilancio per tutti gli stati membri, mentre l'emissione della carta moneta da parte dei singoli stati avverrebbe solo sotto stretto controllo della BCE, per le sole spese in infrastrutture. Al mancato rispetto del suddetto vincolo, seguirebbero immediate sanzioni da parte della BCE attraverso la limitazione, fino all’azzeramento, delle successive emissioni monetarie statali.“
Il pregio ed il vantaggio di questa proposta è che consentirebbe l’emissione di carta moneta, senza creare debito, da parte degli Stati. Gli stati sarebbero vincolati esplicitamente al rispetto del pareggio di bilancio. Il processo di immissione monetaria compenserebbe l'effetto distruttivo segnalato che hanno gli interessi sull'economia reale.
La proposta non è “inflattiva”, perché è previsto un tetto massimo annuo, e perché la moneta emessa sarebbe spesa esclusivamente per sviluppare le infrastrutture nel proprio paese, a beneficio dell'intera collettività, rimettendo in moto l’economia reale ed il processo di crescita economica viste le nuove opportunità che si creerebbero per le imprese ed il mondo del lavoro.
Crediamoci e lavoriamo tutti con passione per creare una Vera, Unica, Grande Europa.
Grazie a Voi tutti.
“Un programma per l’Italia”
Adolfo Bottiglione e Fulvio Damiani.